domenica 7 giugno 2020

Step 22: serie tv

UNA VITA FUORI CONTROLLO


1°episodio

Mi chiamo Amaya, ho 19 anni e vivo in un piccolo villaggio sperduto nel deserto del Sahaara, nello stato del Niger.
Sin da quando ero una bambina sono sempre stata una grande sognatrice.
Il mio desiderio più grande sarebbe girare il mondo, uscire dal confine del mio villaggio che mi è sempre stato troppo stretto, scoprire nuove culture, conoscere persone diverse, imparare e sbagliare, studiare e fare amicizia.
Fino all'età di 6 anni sono stata sotto il controllo di mio padre, un uomo duro e conservatore, che, in quanto figlia femmina, seppur primogenita, mi ha sempre trattata come una schiava, e una merce di scambio non appena avrei raggiunto l'età per essere promessa in sposa. 
Tuttavia morì poco dopo il mio sesto compleanno durante un violento scontro con il villaggio vicino.
Dopo la sua morte, però, la mia vita peggiorò: infatti, il potere decisionale su di me passò a mio zio, una persona viscida e senza scrupoli, che, dopo avermi obbligata ad essere infibulata dalle mani di sua madre, mia nonna, mi impose il suo controllo, privandomi, senza il mio consenso, dell'unica cosa che potevo possedere: la mia verginità.
Quando compii 17 anni fui promessa in sposa ad un vecchio amico della mia famiglia. Fu così che vidi di nuovo svanire davanti ai miei occhi la libertà.
Davanti agli abitanti del villaggio mio marito si dimostra amorevole e apprensivo nei miei confronti, ma è in casa che tira fuori la sua vera natura di uomo-padrone e dominatore. 
Solo la notte, quando mio marito, dopo avermi posseduta, si addormenta pesantemente, riesco a sgattaiolare silenziosamente fuori dalla nostra capanna, simbolo, per me, di una prigione senza via d'uscita, raggiungendo una piccola grotta poco distante dal villaggio. E' questo il luogo di ritrovo mio e di alcune mie amiche, che, come me, vivono in gabbia, controllate in ogni parola e movimento. 
Qui possiamo ridere, scherzare, piangere, confidarci; solo qui ci sentiamo libere, solo qui abbiamo una dignità e una rilevanza, solo qui ci sentiamo Donne.


2°episodio

Stanotte il cielo è meraviglioso, coperto di un manto di stelle luminose che si riflettono sui nostri occhi, fissi sull'immensità della sfera celeste. Siamo immerse in cotanta bellezza da non accorgerci dell'arrivo di ospiti inattesi.
Improvvisamente il mio sogno ad occhi aperti viene interrotto da una mano che, bruscamente, mi afferra per i capelli e inizia a trascinarmi, mi volto e il sangue mi si gela nelle vene: mio marito mi ha scoperta. 
Il nostro piccolo segreto è stato svelato, nessuno parla, si sentono solo le grida delle mie compagne punite dai loro carnefici con i quali sono state costrette a scambiarsi promesse d'amore eterno.
Appena chiusa la porta della nostra dimora ricevo un pugno in faccia e così cado a terra, svenendo. 
Mi risveglio ansimando e ancora dolorante per le botte ricevute, il sapore del sangue in bocca, ma la sofferenza che più mi distrugge è che la mia isola felice, il "locus amoenus" di noi giovani ragazze, che sognano di prendere il controllo della loro vita è stato distrutto.
Adesso sono sola, tumefatta e imprigionata. Il mio unico desiderio è la morte, ma decido di non arrendermi, e così mi accingo a fare quello che per me è sempre stata una fantastica utopia: decido di scappare.


3°episodio

Approfittando del fatto che mio marito, stravolto per le botte datemi, nonostante fossi incosciente, si era addormentato, ho velocemente afferrato il mio burqa , che mi avrebbe protetto dal freddo e avrebbe reso difficile a chiunque riconoscermi, e sono corsa via di casa più in fretta che potevo. 
Sto ancora correndo, sono in mezzo al deserto, sola, ma non ho paura, anzi, è da quando sono fuggita che non ho mai smesso di ridere, sono libera, nessuno che mi controlla, nessuno che mi domina e mi possiede come fossi un capo di bestiame. 
Corro, corro veloce, l'aria che, improvvisamente, mi appare respirabile e la luce dell'alba che mi illumina il viso bagnato dalle lacrime di gioia. 
Dopo un'intera giornata di viaggio, con una piccola tappa in un'oasi deserta dove ho potuto bere e rinfrescarmi le ferite dei pugni ancora aperte, intravedo il profilo della mia meta: Niamey, capitale del Niger. Arrivata in città tutto mi appare surreale ed estraneo, ma non ho ancora smesso di sorridere. 
Dopo un giro per le strade mi stendo, stravolta, in un rigoglioso giardino, immersa nella natura e tra la gente. Qui, libera e felice per la prima volta in vita mia, mi addormento dolcemente. 
Al mio risveglio, tuttavia, non ritrovo la stessa pace e serenità: mio marito è in piedi davanti a me, lo sguardo truce e il bastone in mano, non proferisce parola, si volta ed esce di casa, chiudendomi dentro. 
E' stato tutto un sogno; la fuga, le risate, Niamey, la libertà, nulla era reale,io sono ancora qui, non riesco a muovermi per le percosse, il mio viso è sfigurato, ma, soprattutto, non ho mai avuto in mano il controllo della mia vita.  

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